L’IMMAGINE DELL’ALTRO... IN PINACOTECA

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CASA ROMEI, CASA DI TUTTI

La Madonna in terracotta che dialoga con quella sullo sfondo, del ‘400, viene realizzata nel 1946 dall’artista ferrarese Ulderico Fabbri.


Partito per la prima guerra mondiale e rimasto gravemente ferito alle mani, Fabbri riesce a recuperarne l’uso dopo una lunga riabilitazione avvenuta a Roma.


La statua qui rappresentata concentra la nostra attenzione proprio sulle mani della Vergine, in un dialogo continuo con le opere vicine e con il contesto storico, artistico e sociale evocato dall’intero edificio e dal tema della mostra “800/900”, visitabile fino al 01 Dicembre 2019.


Davvero complimenti al Museo di Casa Romei e al suo Direttore, l’Arch. Andrea Sardo, per aver reso questo luogo un vero e proprio laboratorio di studio e di approfondimento per tutti i ferraresi ed i visitatori nazionali ed internazionali oltre che per le guide turistiche che nel corso dell’anno vengono invitate a conferenze, visite guidate costantemente adattate al tema del momento, presentazioni di mostre temporanee e tanto altro.


A tal proposito, mi preme segnalare un evento davvero speciale:


Domenica 24 novembre


ore 10,30: L'ebreo Salomone da Sesso, orafo di #LucreziaBorgia.


Conferenza di Tamar Herzig, Università di Tel Aviv.


Intervengono Fortunato Arbib, Presidente della Comunità ebraica di Ferrara, e Rav. Luciano Caro, Rabbino capo.


L'incontro si concluderà con un aperitivo kasher.



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L’IMMAGINE DEL TEMPO... A PALAZZO BONACOSSI

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SOCIAL NETWORK: APPARIRE PER ESSERE?

Cari lettori, ogni tanto mi capita di chiedermi: “come mai ho scelto un cammino di vita legato all’arte, al turismo, all’insegnamento?”


Forse l’ho fatto per coltivare sempre la bambina che c’è dentro di me, che cerca dietro ogni immagine o oggetto materiale un significato profondo ed un arricchimento della propria spiritualità.


L’esigenza di saper mediare tra vita materiale e vita spirituale è qualcosa di veramente complesso. Fosse per me vivrei come un’eremita, tra libri ed immagini, aprendomi agli altri solo per condividere opinioni e stati d’animo come sempre cerco di fare attraverso il mio blog settimanale o la condivisione di fotografie e pensieri in libertà su Instagram.


Quello che faccio, poco o tanto che sia, lo faccio con amore, per conoscere le altre persone e farmi conoscere a mia volta.


Sono sempre stata una persona molto timida e molto riservata ma, proprio come succede agli attori, quando ho un gruppo di persone davanti a me amo moltissimo stare con loro, farli divertire e (mi auguro) emozionare con i vari racconti sui duchi, gli artisti, le opere e, sì, anche la spiritualità... perché nulla più della storia dell’arte ci permette di rivivere ogni giorno l’esistenza degli uomini del passato ed i tormenti o le gioie della loro anima. Nulla più della storia dell’arte ci permette di parlare dell’aspetto dei santi, degli angeli e di tutto ciò che altrimenti non sarebbe visibile.


L’arte ha sempre saputo rendere visibile l’invisibile un po’ come la matematica sa scrivere il funzionamento dell’Universo per mezzo di numeri e formule.


Un tempo c’era la possibilità, per chi fosse tendenzialmente chiuso e/o riservato come la sottoscritta, di viversi il proprio modo di essere senza doverlo necessariamente imporre agli altri o, al contrario, dover cambiare le proprie abitudini per piacere agli altri.


Oggi, invece, nell’era di internet e dei social network siamo tutti più o meno costretti ad adeguarci ad un comportamento standardizzato per piacere ad un numero di utenti più vasto possibile e trasformare tale gradimento prima in numeri (I like ed i followers) e poi in arido fatturato.


Ecco, allora, colleghi pronti a martellare di contenuti migliaia di seguaci acquistati (perché, a meno che tu non sia Robbie Williams, mi riesce difficile pensare che un semplice insegnante o un operatore turistico come tanti abbia 20.000 followers) e la continua corsa all’ostentazione di sè, fisica e professionale.


Questa continua competizione telematica prosegue naturalmente nella vita di tutti i giorni con il detto “mors tua vita mea”, dove solo il più bravo, forte, bello e spietato saprà farsi largo tra la concorrenza e lavorare a spron battuto da qui all’eternità.


Ecco la società di oggi delineata in poche, rapide pennellate (visto che si parlava di arte).


Io, dal mio personalissimo punto di vista, esigo e voglio continuare ad essere quella che sono sempre stata, libera di esserci con i miei difetti, le mie insicurezze ed il mio profondo senso di giustizia.


Credo fermamente nella possibilità di avere un piccolo posto nel mondo senza sgomitare e senza fare del male agli altri, mantenendo vivo il mio senso morale a costo di guadagnare meno e sembrare perennemente naif agli occhi degli altri.


Grazie a tutti coloro che leggendo queste poche righe sapranno conoscermi meglio e, chissà, riconoscersi a loro volta nella volontà di dare un senso profondo e contemporaneamente leggero al proprio passaggio su questa cosa così aspra e difficile che si chiama Terra.


"Il lavoro è una manna quando ci aiuta a pensare a quello che stiamo facendo. Ma diventa una maledizione nel momento in cui la sua unica utilità consiste nell’ evitare che riflettiamo sul senso della vita". (Paulo Coelho)



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BORSO D’ESTE E LA CERTOSA DI FERRARA

Oggi la Certosa di Ferrara è per tutti il cimitero cittadino con annesso tempio della cremazione ma in passato le sue funzioni parlavano di contemplazione, preghiera, potere e tanta diplomazia! Non a caso è proprio la “pazienza certosina” ad essere una delle qualità principali di Borso d’Este, fondatore del monastero nel 1452.


Elisabetta Lopresti, conservatore dei Musei di Arte Antica, ha messo a disposizione del pubblico quello spazio sacro una volta riservato ai soli monaci in una serie di visite guidate gratuite organizzate per consentire ai cittadini di entrare nel Tempio certosino nonostante il restauro del suo patrimonio mobile e di quelli architettonici, più che mai urgenti dopo il terremoto del 2012.


Ma chi sono i certosini? Cosa sappiamo di questi monaci così apparentemente lontani dal mondo, che a Ferrara vivevano entro una propria cinta muraria?


Quello certosino è un ordine contemplativo fondato nel 1084 da S. Bruno in Francia, a Grenoble, giunto in Calabria e poi in tutta Italia a seguito dell’esperienza romana dello stesso Bruno al servizio del Papa. La particolarità di ogni Certosa è sempre stata quella di dipendere direttamente dalla casa madre di Grenoble e mai dai singoli vescovi o da qualsivoglia potere locale.


Borso, che con suo padre Niccolò intorno al 1438 aveva assistito al Concilio di Basilea, Ferrara e Firenze, il cui scopo era quello di riunire la Chiesa d’Oriente con quella d’Occidente, probabilmente era rimasto colpito dall’attività diplomatica dell’Albergati, vescovo di Bologna e certosino. Pur essendo monaci di clausura ed eremiti, infatti, i certosini riuscivano ad influire molto sulla politica degli Stati al punto che proprio uno dei discepoli dell’Albergati, divenuto papa con il nome di Paolo II, volle donare a Borso alcuni piccoli frammenti della spalla di S. Cristoforo successivamente posti al di sotto dell’altare della prima chiesa dedicata al Santo.


Per Borso l’avvicinamento all’Albergati, prima, e al Papato, poi, fu senz’altro il lento avvicinamento al titolo di Duca di Ferrara, concesso nel 1471 a distanza di 20 anni dal titolo di Duca di Modena e Reggio Emilia concesso dall’Imperatore Federico III dietro pagamento di un censo annuo di 4.000 fiorini d'oro!


La prima pietra della Certosa venne posata da Borso proprio il 23 Aprile 1452, giorno di San Giorgio, patrono di Ferrara.


Accanto alla chiesa, più piccola di quella attuale, stava addirittura il suo palazzo, riccamente decorato e dotato di una scala che consentiva al Duca di assistere alle funzioni religiose dall’alto, distaccato dai padri certosini, insieme all’onore di collocare il proprio monumento funebre (oggi nel Famedio) all’interno del claustro abitato dai monaci. Le case di questi ultimi erano ricche, a due piani, con giardino, pozzo e loggiati, dotate di laboratori che dessero sosta alla mente attraverso l’arte della miniatura o di piccoli lavori d’artigianato. Una volta alla settimana i padri si ritrovavano per camminare e dialogare tra loro dal momento che la Regola imponeva il silenzio anche durante i pasti così come la Contemplazione doveva essere la prima occupazione di ognuno affinché le loro ricchezze dipendessero non dal lavoro materiale ma dai proventi dei terreni veneti.


L’attuale Tempio di San Cristoforo evidenzia l’opera di ampliamento della città preesistente avviata dal successore di Borso d’Este: Ercole I.


Insieme alla Chiesa di S. Maria degli Angeli, non più esistente, e della Delizia di Belfiore con il suo Studiolo, la Certosa di Ferrara rappresentava con forza tutta la potenza e l’impegno politico e culturale portato avanti dagli Estensi nel corso di molti anni di lavoro, progetti ed ambizioni di cui il popolo ferrarese è ancora oggi consapevole e pienamente riconoscente.



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